C’è un momento particolare durante i mesi estivi.
Quel momento in cui le città si svuotano e, letteralmente, non rimane nessuno e sembra di essere finiti sul set di un film post apocalittico.
I negozi sono chiusi, le persone sono partite da un pezzo per le ferie, la stagione turistica sta lentamente andando verso la fine e persino i mezzi pubblici diradano le corse.
Le città diventano dei veri e propri deserti in cui è il silenzio a farla da padrone.
O meglio, un certo tipo di silenzio.
Quel tipo di silenzio che si compone di tanti piccoli suoni appena accennati, quasi mormorati dalla città ormai vuota.
Il frinire delle cicale nelle ore più calde, il rumore di una bicicletta che passa per la strada, il motore di un motorino di passaggio, il ronzio del ventilatore.
E il rumore di un pallone che rimbalza in una piazza vuota, magari lanciato da qualche bambino che in vacanza ci è già andato o non è mai partito.
È il suono che si sente mentre si sfogliano le pagine di “15 Agosto” di Germano Massenzio, edito da Douglas edizioni.
Perché le pagine dell’opera di Massenzio sono fatte di suoni, di eco, di rumori appena accennati che parlano, raccontano, descrivono.
Senza che serva una sola parola a fare da supporto.
È una storia raccontata per suoni.
Quei suoni che ci raccontano dell’estate come poche parole riescono a fare, e che ci riportano indietro, alle nostre estati da bambini.
Quegli stessi suoni che sembravamo aver dimenticato molto tempo addietro.
Cosimo Pardi