Si dice “peggio di così non può andare”.
Puoi aver avuto la peggior giornata della tua vita, ma quando metti piede in casa e ti lasci cadere sfinito sul divano, la prima cosa che pensi è “peggio di così non può andare”.
È un modo per esorcizzare la paura di quello che potrebbe accadere domani.
Dici “peggio di così non può andare” e, automaticamente, il tuo cervello circoscrive quella brutta giornata a oggi.
È un modo per riacquistare fiducia, per credere che anche quando hai toccato il fondo puoi sempre risalire.
Ma quando questo non è possibile, cosa succede?
Cosa facciamo quando abbiamo toccato il fondo e non riusciamo a risalire?
Succede che scaviamo verso il basso, sempre di più.
E ci addentriamo passo dopo passo nell’oscurità, nell’abisso.
Ed è lì, sul fondo, che nasce “Into the pit” di Stefano Cardoselli.
Direttamente dalle pagine della celebre rivista “Heavy Metal”, una raccolta di storie dove la violenza e l’orrore di una lotta senza fine e senza nessun tipo di pietà è di casa.
Dove la guerra non ha mai fine.
Dove il più forte prevale sempre e comunque su chi è meno forte o meno spietato.
Storie che ci mettono davanti agli orrori che noi stessi creiamo.
Che si tratti di una partita a scacchi o di una lotta fra delinquenti e psicopatici organizzata dal governo, sul fondo dell’abisso l’orrore non ha mai fine.
E genera sempre nuovi mostri da mandare al macello per offrire un nuovo spettacolo.
Questo è l'abisso. E il viaggio... è di sola andata.
Cosimo Pardi