Da piccoli, più o meno tutti, abbiamo avuto qualcuno che la sera prima di dormire ci leggeva una favola. Cappuccetto rosso, il topo di campagna e il topo di città, Giacomino e il fagiolo magico, i tre porcellini. Tutte storie che almeno una volta nella vita abbiamo ascoltato o abbiamo letto.
Tutte favole in cui c’era un cattivo (nella maggior parte dei casi un lupo) che incarnava tutta la malvagità immaginabile e minacciava gli eroi della storia ma che, alla fine, veniva sconfitto e si arrivava al famoso “e vissero tutti felici e contenti”.
In qualche modo, le favole che ci leggevano da piccoli instillavano in noi un senso di sicurezza, di fiducia nel fatto che per quanto le cose potessero mettersi male e il cattivo potesse essere malvagio e feroce, il bene avrebbe comunque trovato un modo per trionfare.
Le trovavamo rassicuranti perché i buoni vincevano.
Poi col tempo questa fiducia incrollabile nel trionfo del bene comincia a scricchiolare e a farsi sempre più fragile.
Soprattutto quando vediamo che il bene viene sconfitto dal male e finisce per assomigliargli.
Come in “Skinwalker”, dove i buoni per poter vincere diventano cattivi.
E dove i cattivi, per trionfare, diventano spietati.
Mentre Niko comincia a stringere il cerchio della sua caccia attorno al redivivo Till Yusupov, altre forze cominciano ad adoperarsi per salvaguardare i propri interessi e vecchi incubi tornano a galla. Ma anche Niko è in pericolo.
La polizia, allertata dalla scomparsa di sua moglie, spicca un mandato di cattura nei suoi confronti.
Il cielo sopra la Mosca di “Skinwalker” comincia a tingersi di nero.
E le strade stanno per essere macchiate nuovamente di rosso.
Il tempo degli eroi è finito.
Ora, è arrivato il tempo dei mostri.
Cosimo Pardi